Ogni atto di creazione è
prima di tutto un atto di distruzione.
(Pablo Picasso)
Cos'è il Mandala?
Il mandala è un termine sanscrito che significa “cerchio”, “essenza”. Le sue origini sono antichissime, probabilmente orientali. Ad ogni modo i mandala sono rintracciabili in ogni cultura e, soprattutto, forme mandaliche ce le regala la natura ogni giorno: una arancia, un kiwi, una cipolla aperti a metà, un fiore, i cerchi di un albero tagliato, una ragnatela, una conchiglia, ecc…
Osservando la vita intorno a te potrai trovare facilmente questo simbolo, antichissimo e dalle infinite possibilità.



Da sempre utilizzati da guide spirituali, sciamani e guaritori come strumento di meditazione e fonte di saggezza.
Il mandala rappresenta una immagine simbolica in cui convivono due forme geometriche fondamentali:
il quadrato che indica l’armonia da raggiungere nel mondo materiale, al fine di poter poi conseguire la perfezione spirituale rappresentata dal cerchio.
Si tratta quindi di un simbolo geometrico che viene creato e utilizzato come strumento di meditazione e di focalizzazione in diverse tradizioni spirituali, in particolare nel buddhismo e nell’induismo.
I mandala possono anche dirsi rappresentazioni simboliche dell’universo, li puoi notare nell’infinitamente grande (l’universo, le galassie, appunto), ma anche nell’infinitamente piccolo, basti pensare ad una cellula.


I Mandala secondo Jung
Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero e pioniere della psicologia analitica, ha svolto un ruolo significativo nella comprensione e nell’interpretazione dei mandala. Jung considerava i mandala come un potente simbolo universale dell’individuazione e dell’integrazione psicologica.
Secondo Jung, i mandala rappresentano l’espressione dell’archetipo del sé, l’immagine dell’interezza e della totalità dell’individuo. In altre parole: riflettono l’ordine e l’armonia universale della psiche umana.
Inoltre osservò che i mandala emergono spontaneamente nei sogni, nelle fantasie e negli stati alterati di coscienza di molte persone, come ad indicare un processo di trasformazione interiore e di ricerca di equilibrio.
Jung incoraggiava i suoi pazienti a creare mandala come strumento terapeutico, e ne creava lui stesso. La creazione di un mandala permette di esprimere l’inconscio e di integrare parti di sé spesso trascurate o negate. Attraverso la creazione e la contemplazione dei mandala, si può favorire l’individuazione, il processo di sviluppo personale.
Non solo, secondo Jung il processo stesso di creazione di un mandala può essere considerato un’attività catartica e trasformativa. La scelta dei colori, dei simboli e delle forme nel mandala riflette l’inconscio personale dell’individuo, consentendo una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie dinamiche psicologiche.
Dinamiche che possono essere lette e interpretate o auto interpretate (a seconda dall’approccio dell’operatore), oltre che discusse in seduta o durante un laboratorio espressivo.
Sono infatti spesso utilizzati come oggetti di meditazione, sia nella loro realizzazione che nella semplice osservazione. Per esempio, guardandone uno con attenzione e concentrandosi sul centro si può raggiungere uno stato di calma e di equilibrio interiore.
I mandala tibetani e la loro distruzione
Il mandala è anche simbolo dell’impermanenza, concetto che non ci è molto vicino nella nostra cultura. Nel buddhismo tibetano, invece, i monaci creano mandala di sabbia colorata elaborati durante cerimonie rituali. Questi mandala sono considerati effimeri e vengono distrutti una volta completati, per rappresentare l’impermanenza della vita.
Il momento della distruzione del mandala, è un vero e proprio gesto liberatorio, per alcuni, per altri è un momento difficile da accettare. Mi riferisco in particolare a noi occidentali.
Da anni propongo workshop e laboratori sul mandala e devo ammettere che introdurre il momento della distruzione del mandala non è stato semplice. Quantomeno non immediato.
Poi ad un certo punto qualcosa si è sciolto. Durante un laboratorio di scrittura intuitiva, ridendo e scherzando, ho “buttato lì” l’idea della distruzione del mandala collettivo che era stato appena finito. L’idea è stata accolta con gioia.
Prima di passare alla distruzione ho chiesto a tutti i partecipanti se erano d’accordo, alcuni erano un po’ titubanti, ma poi si sono lasciati trasportare da altri più convinti. Mi sono sembrati trepidanti, gioiosi di fare “qualcosa di nuovo”, mi verrebbe da dire “qualcosa di proibito”. Mi è sembrato di vedere nei loro sguardi dei bambini.
E’ stato un momento carico ed emozionante. Incredibile ma vero, chi più era indeciso sulla distruzione, poi ha detto di aver provato una grande liberazione nel distruggerlo.
Da lì in poi… ogni volta che propongo un mandala collettivo, ne propongo anche la distruzione, accogliendo dubbi, timori, emozioni.







Perché un gesto così drastico? Perché distruggere qualcosa di bello che ho/abbiamo creato?
Distruggere è un atto di per sé creativo. Il bambino crea e distrugge. Mette in ordine e disfa con la stessa gioia, con lo stesso impegno.
Distruggere è un po’ vivere nel qui ed ora. Non attaccarsi all’oggetto, ma rimanere nell’esperienza. Lasciare andare.
Di seguito alcune immagini (tratte dal web) di un mandala tibetano e della sua distruzione.


Quanta dedizione dedicano i monaci tibetani nel creare i loro bellissimi mandala.


Quanta semplicità nel gesto del distruggere. Un rito. Un passaggio. Una trasformazione.

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4 pensieri su “La creazione e la distruzione del Mandala”
Non sono così importante e noto per pretendere di essere un riferimento, ma devo confessarvi che quando dipingevo (o tentavo di dipingere) facevo mille correzioni al quadro nel giro di pochi minuti. Alla fine con delle rapide pennellate di un unico colore distruggevo quello che avevo dipinto. Avevo la sensazione di avere dipinto contemporaneamente diverse tele e quindi l ‘ultima versione era soltanto una delle tante. Assolutamente inadeguata a rappresentarle tutte, degna solo di essere distrutta.
Ciao Rosario, secondo me il focus nel processo di distruzione è l’emozione che si prova prima, durante e dopo, ovvero in tutto l’arco del processo, appunto. Su questo ti invito a riflettere. Distruggevi per rabbia, frustrazione, liberazione? Cosa provavi?
Salve
vorrei sapere se la scrittura di un mandala può essere interrotta da un disegno e ripresa con la continuazione della parola interrotta.
Certo, il mandala nella sua forma libera consente moltissime varianti, anche quella che tu dici, perchè no…